E’ una scrittrice e giornalista di talento. Parliamo di Federica Ferretti, già insignita del Premio Donna città di Teramo, in Abruzzo, e in partenza quale “madrina” della serata conclusiva del Geofilmfestival, in Veneto. In mezzo, un mondo di parole, immagini, musica e virtualità che si mischia alla quotidianità.
L.C. Ci parli meglio di lei: chi è davvero Federica Ferretti?
F.F. “Io sono una donna piccola, con l’anima ingombrante”. Amo presentarmi così, con uno dei miei versi prediletti, oltre che giornalista “innamorata della libertà”. In realtà, sono l’una e l’altra cosa, cercando di non dimenticare l’umiltà: nella vita, credo sia questo l’ingrediente principale di ogni rapporto. E che mi ha infatti permesso di raccogliere, sin da tirocinante, testimonianze importanti: da Mogol a Cacciapaglia e Buonvino, passando per tanti colleghi che hanno stimato la mia “penna”. Come il giornalista del Tg 5, Carmelo Sardo, autore di Malerba; il critico letterario Gianpaolo Serino. E ancora personaggi dello spettacolo del calibro di Mario Donatone; mentre Sara Ricci e la make up artist Dorina Forti hanno sostenuto un mio progetto rosa portato avanti sul mio blog su DM. Alessandra Appiano prima e la senologa Maria Giovanna Luini, si sono raccontate per un’inchiesta sul potere più o meno terapeutico della scrittura. Inoltre Giulietto Chiesa e Paolo Ercolani, mi hanno prestato la voce per uno speciale dalla scottante attualità sul significato dell’11 Settembre americano. Questi, alcuni dei personaggi dai quali, tra l’altro, ho avuto una meravigliosa lezione di vita. Ma pure tanti conterranei che, a vari livelli, hanno dato fiducia alle miei idee: faccio l’esempio, di nuovo diverso, di due grandi stilisti abruzzesi quali Filippo Flocco o Alessandro Angelozzi. Al contempo, come le accennavo, ho ricevuto la splendida solidarietà di molte donne, con le quali ho stretto una bella quanto solida “rete”, riprendendoci la nostra voce. Ricordo con particolare affetto la segnalazione della giornalista professionista presso la redazione di Inviato Speciale, il rotocalco del Giornale Radio Rai, Rita Rocca sulla pagina FB Semi di Zucco, dove mi ha descritto come “una giovane artista. Ha inventato il romanzo on-line, la nuova frontiera della letteratura digitale. Il Portale delle donne ha annoverato Federica Ferretti tra le migliori donne della cultura italiana”. Prima ancora, c’era stata Laura Costantini che mi aveva salutata così in una nostra intervista: “A cambiare le cose …si comincia anche incontrando una collega come te, Federica, che pone le domande giuste e che tiene gli occhi aperti sul mondo.”.Il 25 Novembre 2014, dalla Provincia di Ascoli, è stato infine premiato il mio impegno a favore dalla lotta alla violenza contro le donne, simboleggiato dall’emblematico racconto-monologo teatrale “Sirena di terra”. La giuria del concorso di poesia e prosa “I colori delle donne”, mi ha riconosciuto la Menzione Speciale. Il premio cui si riferiva, mi è quindi pervenuto quest’anno, il 30 maggio 2015, proprio per il settore della comunicazione e giornalismo, stavolta da parte dell’associazione Donneuropee – Federcasalinghe. Attualmente, infatti, collaboro con la rivista Mondadori “Confidenze” per la raccolta di testimonianze vere. Certo, un percorso lungo e faticoso di cui sto indicando solo alcune tappe, e gli ostacoli non sono mai mancati. Né spariranno. Ma non mi sono mai arresa. Né demorderò. In nome della cultura. Tuttavia, non si può dimenticare che la scrittura ha mille e più volti: sto quindi collaborando da qualche tempo alla realizzazione di un soggetto cinematografico commissionato dal regista Rocco Cosentino. Per un cortometraggio che ci piacerebbe ambientare tra Abruzzo e Veneto: perciò, a febbraio, presenzierò in qualità di ospite d’onore, al Geo Festival da quest’ultimo organizzato. Per lanciare appunto questo nostro progetto. A proposito, c’è qualcuno già disposto ad aderire?
L.C. Lei ha inventato una nuova forma di scrittura digitale, il “romanzo on-line”. Di cosa si tratta?
F.F. Di una forma in qualche modo alternativa, mobile, fluida, quasi palpabile, che è stata ospitata con addirittura una serie di tre puntante, quindicinali ed esclusive a “romanzo” e per circa due anni, dalla collega giornalista Ester Palma, ora ospite fisso a trasmissioni Rai come La vita in diretta e Storie vere. Commentato così da uno dei fondatori del prestigioso Centro giornalistico Pannunzio, P.F. Quaglieni: Un’opera importante dell’amica Federica Ferretti Journalist giornalista e scrittrice. Ci sono due categorie: quella degli scrittori che scrivono anche sui giornali e quella dei giornalisti che, spesso a vuoto, cercano di diventare scrittori,sfruttando la loro notorietà. Federica Ferretti nasce giornalista-scrittore. E’ anche scrittrice quando scrive articoli,è anche giornalista quando scrive libri” . O, ancora, per dirla con la collega Marta Ajò( Il Portale delle Donne), a proposito di Cammini, scritto di nuovo in esclusiva per lei, “con questo racconto-romanzo online, formato da micro capitoli che ha postato in divenire sulla sua pagina di poetessa e che poi, alla fine presenta su di un format di volta in volta diverso, offre una testimonianza di un procedere diverso della scrittura e della sua rappresentazione”. Nel frattempo, avevo avuto spazio persino su un sito come siamo donne.it, con una rubrica appositamente dedicata: “I racconti del sabato”. O sullo stesso corriere in cui ero tirocinante, con un appuntamento domenicale. Il vissuto del romanzo online è cioè abbastanza variegato. Il minimo comune denominatore, è il successo presso il pubblico, che si sposta con sempre immenso piacere sui diversi siti e portali. Sta tornando, a sorpresa, sui miei vari blog: d’altronde, è Natale, e non potrei pensare ad un regalo migliore per i miei amici virtuali.
L.C. Uno dei suoi romanzi, Il Canto del cigno rosso, presentato nel 2011 al Salone Internazionale del Libro di Torino, è stato definito un “esperimento artistico”. Può raccontarci la genesi del libro?
È stato il mio primo libro, che ho concepito infatti come un contenitore linguistico: sono autrice anche dei disegni, rigorosamente a matita, che cioè hanno il compito di aggiungere significato, per completarne il senso, laddove la musicalità delle parole viene meno. Ecco che è stato tenuto a battesimo dalla mia ex relatrice universitaria, D.ssa Fiammetta Ricci, ma anche dall’attuale presidente della Settembrata Abruzzese e , non ultimo, dal Maestro di pittura Sandro Melarangelo. Ma ho iniziato a “lasciare traccia di me nel mondo” in tenerissima età. Per poi trasformarmi in una blogger incallita: l’inizio di un’avventura i cui sviluppi sembrano pressoché imprevedibili. Anche F. Alberoni ha ospitato delle mie poesie-confessioni sui suoi siti. Bisogna seguire l’istinto e lasciarsi avvolgere dalle sfaccettature della vita. Che saranno poi recuperate su fogli, mai più immacolati.oggi, dopo essere diventata giornalista, sto tornando a lavorare a nuove poesie ed un romanzo che, se riprende le orme del romanzo online, tuttavia ambisce ad evolversi ulteriormente, mentre “salverà la rugiada della notte”. C’è già una neonata pagina fb attiva, su cui potrete spulciare alcuni stralci: https://www.facebook.com/La-rugiada-della-notte-447445531999077/
L.C. Ci racconti il suo approccio al mondo della scrittura. Quando e perché ha iniziato a scrivere?
Ho sempre creduto che bisognasse trasmettere un segno di sé. Intrecciare storie, raccogliere testimonianze, fermare sulla carta, per quanto possibile, il tempo, il suo trascorrere, le emozioni che ci arreca, rischiando fino in fondo, persino di andare in qualche modo contro natura, illudendoci di trasformarci quasi in esseri sovrumani, dai poteri divini, può aiutarci a colmare il vuoto di un’assenza. O, al tempo stesso, a concretizzare una presenza. E aiutare a ricostruire, passo dopo passo, un percorso personale interrotto, frantumato, dopo un dolore immenso, la morte dell’unico uomo mai amato, come nel caso del mio canto, o ancor di più del romanzo La luna scricchiola, in cui la protagonista Alberta, venuta in contatto con il virtuale, doveva riprendersi, ad ogni costo, se stessa, la sua anima lasciata in quella chat. O, viceversa, la scrittura serve a rivelare, per conservarla, la genesi di un popolo, le sue espressioni, le sue vicissitudini. La sua moda. A tal proposito, voglio ricordare il primo che mi ha coinvolto in un evento simile, Nino Germano, il collega di Rai Tre che, nel 2012, mi coinvolse nell’evento “Moda e Cultura” nella cornice del nuovo showroom di una nota azienda abruzzese, dove l’ex Ministro della Famiglia e Sottosegretario alla Salute Antonio Guidi, presentò un suo libro in uscita, ed io intrattenni il pubblico, insieme all’amico poeta Dante Quaglietta, sul come “abbigliare” un’anima. Oggi, torno sui simili temi con la rivisitazione del concetto di #vintageodemode, alla riscoperta di capi d’abbigliamento considerati “vecchi”, o perlomeno “desueti”, nel senso di passati proprio d’uso ed abitudine. O probabilmente, solo di un passato più o meno recente che ha voglia di rivivere, di riprendersi un’opportunità, seguendo l’unica tendenza che valga la pena seguire: quella che porta a ripercorrere le vie del cuore. E chi poteva indossare questi capi? Su Pinterest, la prima pseudo-modella, sono io, con tutto il mio vissuto, e poi, tutte le #donneluce che hanno la medesima voglia di rincominciare daccapo, di affrontare ogni giornata con una carica emozionale che le “protegga”, ispirandole. Passioni che si sommano a passioni: la mia lezione introduttiva sulla sfida del linguaggio musicale nel canale pubblicitario, è stata appena segnalata sulla pagina Fb della trasmissione Eta Beta, (il quotidiano di Radio1 su nuovi mestieri e nuovi linguaggi), dal giornalista e conduttore Massimo Cerofolini, che si sta interessando alle mie ricerche circa il significato della musica nei contenitori polisemantici. Non è un caso che abbia scelto gli emblematici spot di Breil 2006, e Levi’s Odyssey 2002. Che sanno di umanità nell’accezione più ampia del termine. Per capire cosa intenda, dovreste ascoltarmi, in argomenti che avevo già affrontato per le mie tesi di Laurea…
L.C. Come descriverebbe il suo stile letterario?
Una persona a me molto cara, purtroppo drammaticamente scomparsa, mi incitava a proseguire perché “sai dipingere, con quelle che diventano le tue parole”. Penso che possa essere vero. Più di un lettore ha confermato di essersi trovato dinanzi a speciali quadri narrativi, dentro cui cioè era “tangibile” ciascuna delle pagine che si trovava davanti. Che diventavano”nostre”. Posso dirle che la mia unica intenzione è raggiungere“davvero” la gente. Tutta quella che mi circonda ogni giorno. Le mie parole, sono nude nel senso di spogliate di ogni orpello, sono nata come poetessa per questo più che per ogni altro motivo.
L.C. Quanto c’è di autobiografico nelle sue opere?
F.F. Molto, forse la maggior parte delle parole, mi sono un tempo appartenute. O un giorno, perché no, mi potrebbero appartenere. Credo che solo “indossando” i panni del nostro interlocutore, cercando di “vestire” il disagio o, viceversa, la commozione dell’esperienza che ci viene resa, possiamo raccontare storie vere. Eppure, penso che lo stesso discorso possa valere per le poesie. Le medesime che, molto spesso, i giovani mi raccontano di aver “preso in prestito” per conquistare o riappacificarsi con il/la proprio/a amato/a. E poi, mi chattano: “Federì, grazie, hai detto le cose al mio posto”. Immedesimarsi nella gente, è parte fondamentale di questo mestiere.
L.C. A suo parere qual è la differenza tra il giornalista e scrittore?
F.F. Una buona penna resta una buona penna, indipendentemente dal ruolo “sociale” che riveste o di cui è momentaneamente investita. E dire che l’oggettività e l’imparzialità dovrebbero riguardare anche e soprattutto il racconto dei sentimenti, mi sembra eccessivo. Siamo certo tenuti al rispetto di un codice deontologico. Tuttavia, lo scrittore ha il raro dono di diventare pure giornalista all’occorrenza, e viceversa, per dirla con il mio collega amico Quaglieni cui accennavo poc’anzi. Non è comunque facile, nemmeno per il più ligio dei giornalisti, raffigurare super partes drammi esistenziali come quello di cui ho potuto testimoniare sulla rivista Confidenze.
L.C. Lei scrive per appunto per il settimanale Mondadori “Confidenze”.Oggi, il cambiamento epocale a cui stiamo assistendo, spinge molte persone a reinventarsi, nella vita e nel lavoro. Quali consigli darebbe alle persone che vogliono “ricominciare da zero?
F.F. In qualche modo, questa sua domanda riassume il senso di un percorso cui mi sto ispirando e che mi piacerebbe potesse servire da monito anche ad altri.
La prima storia che ho raccolto per loro, incitata da una allora vicedirettrice Susanna Barbaglia e caporedattrice Angelina Spinoni straordinarie, che a tutt’oggi, nei ruoli di Direttore e suo vice, insieme alle altre colleghe come la Camagni o la Cordero, continuano a credere in me, nelle mie potenzialità, e perciò non finirò mai di ringraziare, è un reportage dal titolo: L’aquila vista dai bambini, in cui, da abruzzese a sua volta testimone del terremoto. Ho giravo per i vari Musp, ( moduli scolastici ad uso provvisorio). In cui però, sebbene mancasse un po’ tutto, non veniva mai meno la speranza. Ed è all’insegna di questa parola così difficile non solo da concretizzare, oggi, ma da pronunciare specie nel momento storico in cui stiamo vivendo, che abbiamo continuato a raccogliere le testimonianze di vita “diversa”, ovvero ancora più speciali, di Selina, una prostituta moldava, che abbiamo ribattezzato “Afrodite venduta”, Fiore d’acciaio, un uomo in “transito” verso il suo futuro, o Jazara, un’emigrante somala nello spaccato:“Io mi racconto”. O di Stefano o Luigi, uomini che stanno imparando a confrontarsi coi loro sentimenti, per rinascere una volta per tutte.
A tal riguardo, ho contribuito anche alle Rubriche “Bello a sapersi”, “Eroi tra noi”, “Salute e benessere”, per la quale ultima ho fornito testimonianze relative ad una malattia “rara” come la Sindrome di Sjogren ed un caso di malasanità che si è trasformato in un’assurda Pancreatite acuta.
L.C. Progetti futuri?
F.F. Continuare a battermi per le donne, per affermare i valori che ci riguardano ogni giorno più da vicino, per essere davvero libere di amare, e soprattutto, manifestare i loro pensieri, dall’amore in avanti, senza ripercussioni. Senza la paura di essere considerate femmine al guinzaglio che si deve punire se non si può recuperare. E continuare a scrivere storie in cui il concetto di speranza non è solo una vaga metafora per rendere sopportabile lo scorrere del tempo. Che si tratti di poesie o romanzi in cantiere come quelli che sto elaborando da circa due anni in qua, o storia di un costume che si sta evolvendo passando forse pure per il mio armadio, come accennavamo, voglio trasmettere una luce tangibile. E mai più intravederla solo in fondo al tunnel. Perché siamo #donneluce. Con ogni tempo. Con ogni umore. E dobbiamo essere finalmente in grado gridarlo al mondo. Con ogni umore, con ogni tempo.
Laura Corallo
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